Cresce il Rischio Disuguaglianza!
Indice
- Cresce il Rischio Disuguaglianza!
- Il Problema di Base: Un Divario Annoso
- La “Soluzione” del Decreto PA: Possibilità, Non Certezza
- Il Rischio Disuguaglianza è Dietro l’Angolo
- Crea disparità tra enti:
- La distribuzione interna è incerta e discrezionale:
- In Sintesi: Stipendi ZERO per la Maggior Parte
- La Lotta Continua: Salario Fisso Per Tutti!
Cari colleghi, cari compagni,
Negli ultimi giorni si è parlato molto delle novità per gli enti locali introdotte con il decreto legge sulla Pubblica Amministrazione, che ha ricevuto il via libera delle commissioni Affari Costituzionali e Lavoro della Camera. Tra le modifiche approvate, una in particolare riguarda le nostre retribuzioni e viene presentata da molti come una grande conquista. Ma analizziamola a fondo, con la lucidità che ci contraddistingue come sindacalisti, per capire cosa significa realmente per migliaia di lavoratrici e lavoratori come noi.
Il Problema di Base: Un Divario Annoso
Sappiamo bene che da anni esiste un rilevante divario retributivo tra i dipendenti degli enti locali (Comuni, Province, Città Metropolitane, ecc.) e quelli delle amministrazioni centrali (Ministeri, Agenzie Fiscali, Presidenza del Consiglio, ecc.). Le organizzazioni sindacali e gli stessi enti locali lo denunciano da tempo, parlando di una vera e propria “migrazione interna” di personale qualificato che lascia gli enti territoriali per posizioni meglio pagate altrove. Questo divario supera ormai il 20% ed è considerato “inaccettabile” persino dal Ministro per la Pubblica Amministrazione.
La radice di questa disuguaglianza risiede, in parte, nelle regole di finanza pubblica che hanno bloccato l’incremento dei fondi per la contrattazione integrativa degli enti locali ai livelli del 2016.
La “Soluzione” del Decreto PA: Possibilità, Non Certezza
Il decreto interviene proprio su questo punto, prevedendo la possibilità per le regioni, città metropolitane, province e comuni di incrementare il Fondo risorse decentrate destinato al personale in servizio, in deroga al vecchio limite. Questo incremento potrà portare le somme destinate alla componente stabile del fondo (più gli importi per le posizioni organizzative) a un’incidenza non superiore al 48% della spesa complessivamente sostenuta nel 2023 per gli stipendi tabellari delle aree professionali. L’obiettivo dichiarato è quello di armonizzare i trattamenti economici e rendere gli enti territoriali più attrattivi.
Secondo alcune stime, questa modifica potrebbe tradursi in un aumento medio lordo annuale significativo, che tradotto su 13 mensilità farebbe parlare di incrementi fino a 300 euro lordi al mese per il personale non dirigente dei Comuni.
Il Rischio Disuguaglianza è Dietro l’Angolo
Ma è qui che casca l’asino, cari colleghi. Questo “incremento” non è una certezza per tutti, né si traduce automaticamente in un aumento fisso in busta paga per ogni dipendente.
Non è un incremento sullo stipendio tabellare: I soldi non finiscono direttamente nelle nostre buste paga come aumento fisso. Vanno a confluire nel Fondo risorse decentrate, che alimenta il salario accessorio, posizioni organizzative o la quarta area contrattuale. Altri comparti, invece, hanno ricevuto (o riceveranno) incrementi diretti sul tabellare o stanziamenti specifici aggiuntivi.
È una possibilità legata alla virtuosità dell’ente: La norma consente l’incremento solo agli enti che hanno i conti in ordine e un equilibrio pluriennale di bilancio asseverato. Questo significa che solo gli enti finanziariamente solidi potranno (eventualmente) beneficiare di questa possibilità, mentre quelli in condizioni economiche precarie potrebbero non riuscire a qualificarsi. Alcuni commentatori lo definiscono un incremento “possibile (ma non certo)” legato alle esigenze di cassa.
Crea disparità tra enti:
Questa dipendenza dalla condizione finanziaria del singolo ente porta a una conseguenza inaccettabile: lavoratori che svolgono la stessa funzione, la stessa mansione, con le stesse responsabilità, potrebbero avere trattamenti economici diversi semplicemente perché lavorano in comuni o province con bilanci differenti. Questo alimenta una forte disuguaglianza tra dipendenti del medesimo comparto, a parità di impegno e professionalità.
La distribuzione interna è incerta e discrezionale:
Anche negli enti che potranno incrementare il fondo, la distribuzione di queste risorse accessorie è soggetta alla contrattazione decentrata con i sindacati e spesso legata a meccanismi di valutazione che, come sindacalisti di base sappiamo bene, possono essere odiosi e discrezionali. Non c’è alcuna garanzia che le somme vadano a tutti. In definitiva, si tratta di un possibile incremento “destinato a pochi selezionati dipendenti ed a pochi Enti”.
In Sintesi: Stipendi ZERO per la Maggior Parte
Mentre il decreto PA 25/2025 ha previsto aumenti retributivi per altri settori della pubblica amministrazione, per noi degli enti locali la situazione rimane svantaggiosa. La possibilità di aumentare il fondo accessorio, pur presentata come una “grande vittoria”, non risolve il problema strutturale del divario e, peggio ancora, introduce il rischio concreto di acuire le disuguaglianze tra chi lavora negli enti “ricchi” e chi negli enti “poveri”. Come giustamente si fa notare, per la maggior parte dei lavoratori, l’aumento negli stipendi sarà pari a ZERO.
La Lotta Continua: Salario Fisso Per Tutti!
Questo scenario ci conferma che le “mance, discrezionalità e valutazione” nel salario accessorio non sono la strada. Il salario va messo al sicuro negli stipendi mensili, per tutti.
Mentre celebriamo piccole aperture, dobbiamo essere vigili e denunciare che questa norma, così com’è, rischia di creare lavoratori di serie A e di serie B all’interno dello stesso comparto Funzioni Locali. Dobbiamo continuare a fare pressione affinché vengano stanziate risorse certe e dirette per tutti i lavoratori degli enti locali, garantendo equità retributiva indipendentemente dal bilancio dell’ente di appartenenza.
La battaglia per un salario dignitoso e uguale per tutti i lavoratori pubblici, sancito anche dalla nostra Costituzione che parla di “parità di retribuzione a parità di lavoro”, è tutt’altro che finita. Anzi, con questa norma, diventa ancora più urgente e necessaria!
Avanti, insieme!