50.000 motivi per rispettare la privacy sul lavoro
Il 30 maggio 2025 il Garante per la protezione dei dati personali ha tirato le orecchie — e presentato il conto — alla Regione Lombardia per gravi violazioni in tema di trattamento dei dati dei propri dipendenti.
La Regione è stata sanzionata per 50.000 euro per aver raccolto e conservato log di navigazione internet e metadati delle email dei lavoratori senza le garanzie previste dalla normativa, né il necessario accordo sindacale.
E no, non basta dire “è per motivi di sicurezza” per farla franca.
I fatti: troppa curiosità sui click dei dipendenti
L’ispezione del Garante ha rivelato che la Regione Lombardia:
- monitorava i siti web visitati dai dipendenti, inclusi quelli bloccati o vietati (black-list);
- conservava i tentativi di accesso falliti ai siti web;
- non aveva stipulato alcun accordo con i sindacati;
- non aveva previsto garanzie sufficienti a tutela della sfera privata.
Insomma: con la scusa della cybersicurezza, si spiava anche dove non si doveva.
E le email? Altro che “solo metadati”
Altro punto critico riguarda il monitoraggio delle email: la Regione trattava metadati delle comunicazioni elettroniche (mittente, destinatario, orario, dimensioni del messaggio) senza aver prima stipulato un accordo sindacale, né fornito adeguata informativa ai dipendenti.
Anche se — a onor del vero — durante l’istruttoria la Regione ha avviato un percorso di adeguamento, per il Garante il danno era fatto.
Le misure imposte dal Garante
Il Garante non si è limitato alla multa. Ha anche ordinato una serie di misure correttive immediate, tra cui:
- anonimizzazione dei log relativi ai tentativi di accesso ai siti vietati;
- cifratura dei dati personali, in particolare i nomi dei dipendenti assegnatari dei dispositivi;
- riduzione dei tempi di conservazione dei dati raccolti.
Una bella lista di “cose da non fare mai più”.
E adesso? Occhi aperti anche nella pubblica amministrazione
Per chi lavora nella pubblica amministrazione — e per noi della Polizia Locale — questa notizia è un campanello d’allarme.
Il controllo tecnologico sui lavoratori può esistere solo se regolato e legittimo.
E no, non è un dettaglio: la privacy è un diritto costituzionale, e non può essere aggirata da tecnicismi informatici.
Serve un accordo sindacale. Serve trasparenza. E serve rispetto.
Sindacati, RLS e lavoratori: ecco cosa possiamo (e dobbiamo) fare
🔐 Come sindacalisti e RLS, dobbiamo vigilare su ogni forma di controllo digitale:
- Verificare se i sistemi aziendali tracciano la navigazione o i dispositivi assegnati;
- Pretendere informativa chiara e accessibile;
- Coinvolgere i sindacati ogni volta che un sistema di monitoraggio viene introdotto;
- Denunciare al Garante ogni abuso.
👥 Per i lavoratori, è importante sapere che il datore di lavoro non può leggere, tracciare o conservare i vostri dati personali senza precise tutele.
Conclusioni: la tecnologia non può superare i diritti
Quello che è accaduto in Lombardia non è un incidente isolato, ma un esempio concreto di come lavoro agile e strumenti digitali possono diventare trappole per la privacy, se non regolati in modo chiaro.
Il messaggio del Garante è forte e chiaro: non tutto ciò che è tecnicamente possibile è anche legalmente lecito.
E noi, come sindacato, non ci stancheremo mai di dirlo.