Il Decreto Sicurezza, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 9 giugno 2025, è entrato in vigore il 12 aprile 2025. La sua gestazione è stata peculiare: riproduce quasi alla lettera un disegno di legge già ampiamente discusso in Parlamento per oltre un anno. Questa scelta di ricorrere alla decretazione d’urgenza ha sollevato profonde perplessità metodologiche da parte di costituzionalisti, magistrati e avvocati, che hanno denunciato un “abuso dello strumento della decretazione d’urgenza” e una “mortificazione della funzione legislativa delle Camere”.
Tra le criticità procedurali più evidenti, si segnala:
- Mancanza di “straordinaria necessità e urgenza”: La conversione di un testo già in discussione parlamentare senza fatti nuovi a giustificare l’urgenza è stata ampiamente contestata.
- Ritardata presentazione alle Camere: Il decreto è stato presentato per la conversione sette giorni dopo la sua adozione, invece del “giorno stesso” come previsto dall’Art. 77 della Costituzione.
- Eterogeneità dei contenuti: Il testo raggruppa disposizioni su materie molto diverse – dal terrorismo all’occupazione abusiva, dalla tutela del personale delle forze dell’ordine alla canapa industriale – rendendo problematica la valutazione unitaria.
- Decretazione d’urgenza in materia penale: L’immediata entrata in vigore delle nuove norme penali, senza un periodo di “vacatio legis”, solleva dubbi sulla “conoscibilità dei nuovi precetti” e sul rispetto del principio di colpevolezza.
Un Intervento “Pan-Penalista” e l’Impatto sui Diritti Fondamentali
Sul piano del merito, il Decreto Sicurezza è stato criticato per il suo “ricorso accentuato allo strumento penale” , caratterizzato da un aumento generalizzato delle sanzioni e dall’introduzione di nuove fattispecie di reato, spesso percepite come “simboliche” e non risolutive dei problemi sottostanti.
Diverse associazioni e studiosi hanno evidenziato una “bulimia punitiva”, che mina principi costituzionali fondamentali quali:
- Proporzionalità e ragionevolezza della pena: Molte sanzioni introdotte apparirebbero “manifestamente sproporzionate” rispetto alla gravità effettiva del fatto.
- Offensività del reato: Si incriminano condotte considerate “remotamente preparatorie” o “di scarsa offensività”, come la mera detenzione di materiale didattico per il terrorismo o la resistenza passiva in carcere, in contrasto con il principio di materialità dell’offesa.
- Legalità, tassatività e determinatezza: La vaghezza di alcune definizioni e l’ampiezza di talune previsioni rischiano un’applicazione arbitraria, influenzando la libertà di espressione e di riunione, in particolare in contesti di protesta.
Particolare attenzione è stata posta su:
- Nuovi reati in materia di terrorismo e pubblica incolumità: L’introduzione del reato di “Detenzione di materiale con finalità di terrorismo” (Art. 270-quinquies.3 c.p.) e le modifiche all’Art. 435 c.p. anticipano la soglia di punibilità, suscitando dubbi di costituzionalità.
- Occupazione arbitraria di immobili (Art. 634-bis c.p.): La nuova fattispecie che punisce l’occupazione o la detenzione senza titolo con violenza o minaccia solleva questioni interpretative sulla definizione di “violenza” e “domicilio”, e il rischio di colpire situazioni di grave disagio abitativo.
- Coltivazione della canapa industriale: Le nuove norme che penalizzano alcuni aspetti della filiera della canapa sono state criticate per la loro potenziale non conformità con il diritto unionale e per l’assenza di evidenze scientifiche sulla loro pericolosità per la salute pubblica.
- Trattamento penitenziario: L’introduzione di nuovi reati di “rivolta” e l’inasprimento delle pene per condotte di resistenza passiva nelle carceri sono visti come un tentativo di risolvere il sovraffollamento carcerario con misure repressive anziché strutturali, con il rischio di compromettere il principio rieducativo della pena.
Un Raggio di Sole: Le Misure Antimafia
In un quadro di forti critiche, la Relazione evidenzia un’unica nota positiva: le modifiche in materia di documentazione antimafia. L’introduzione del nuovo Art. 94.1 del Codice Antimafia permette al Prefetto di limitare gli effetti interdittivi dell’informazione antimafia per le imprese individuali, qualora vengano a mancare i mezzi di sostentamento per il titolare e la sua famiglia. Questo è visto come un passo verso una maggiore proporzionalità e ragionevolezza, colmando una lacuna precedentemente evidenziata dalla Corte Costituzionale.
Il Ruolo Cruciale della Giurisprudenza
La Relazione sottolinea come la giurisprudenza avrà un ruolo cruciale nel verificare la “tenuta” costituzionale delle nuove norme, in particolare riguardo ai principi di offensività, proporzionalità e determinatezza. Sarà compito dei giudici interpretare le disposizioni in modo da renderle compatibili con i principi supremi del nostro ordinamento.
Come SULPL, osserviamo con attenzione le implicazioni di questo Decreto. La sicurezza è un valore irrinunciabile, ma essa non può e non deve essere perseguita a scapito dei diritti fondamentali e della coerenza del sistema giuridico. È necessario un equilibrio che salvaguardi la libertà e la dignità di ogni persona, senza cedere a logiche repressive che, come la storia insegna, raramente portano a soluzioni durature e giuste.