💸 TFS dei pubblici dipendenti: la Corte richiama il legislatore, l’INPS traccia la strada. Ma quando arriverà il cambiamento?
Il trattamento di fine servizio per i dipendenti pubblici è, ancora oggi, soggetto a differimenti e rateizzazioni che ne sviliscono la natura di retribuzione differita. Una questione ormai ben nota alla Corte costituzionale, che con la sentenza n. 130 del 2023 ha rilanciato un monito già espresso nel 2019: questa situazione è incompatibile con l’articolo 36 della Costituzione.
Ma, ancora una volta, l’incostituzionalità viene solo “annunciata”, non dichiarata. La Consulta riconosce la violazione, ma lascia la palla al legislatore, bloccata dalla paura dell’impatto sulla finanza pubblica. In sintesi: si sa che è sbagliato, ma nessuno vuole o può correggerlo.
📚 Cosa dice la Corte
Nel mirino della Corte vi sono:
- Art. 3, comma 2 del DL 79/1997: prevede il differimento di 12 mesi del TFS per chi cessa per raggiunti limiti di età o servizio.
- Art. 12, comma 7 del DL 78/2010: introduce la rateizzazione del TFS oltre i 50.000 euro.
La Consulta ribadisce che il TFS è retribuzione differita a funzione anche previdenziale. Ritardarne o frammentarne il pagamento:
- lede il principio di giusta retribuzione (art. 36 Cost.);
- mina la funzione previdenziale della prestazione;
- diventa intollerabile in un contesto inflazionistico, dove il valore reale delle somme erogate è significativamente ridotto.
Il problema? Le norme sono ancora in vigore e il legislatore è rimasto sordo anche dopo il primo monito del 2019. La Corte, pur dichiarando l’inammissibilità formale della questione, evidenzia l’urgenza di un intervento riformatore, che deve però “tenere conto degli equilibri di bilancio”. In soldoni: non è solo un problema giuridico, ma anche (e soprattutto) politico.
🧭 La posizione dell’INPS nella Relazione Programmatica 2026–2028
Nella Relazione Programmatica 2026-2028, approvata dal Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’INPS, il tema della tempestività e qualità delle prestazioni è centrale. Tra gli obiettivi strategici prioritari, troviamo:
- la centralità dell’utenza;
- il miglioramento dell’accessibilità e tempestività delle prestazioni;
- la riduzione di errori e contenziosi;
- il contrasto alle ingiustizie sociali e discriminazioni nei trattamenti.
Il documento mette nero su bianco la volontà di superare prassi che creano ingiustizie sistemiche, come appunto il differimento del TFS per chi ha concluso il proprio servizio.
Inoltre, si fa esplicito riferimento alla necessità di riforme normative su materie come la previdenza, l’inclusione sociale, e le politiche per la legalità: un chiaro segnale che anche dall’interno dell’Istituto si avverte l’urgenza di rivedere meccanismi ormai anacronistici e iniqui.
🤔 Quindi, cosa possiamo aspettarci?
L’INPS ammette la necessità di riformare la propria struttura organizzativa e i processi, anche in chiave normativa, per offrire risposte più adeguate ai cittadini. Ma tutto ciò resta, per ora, nei documenti programmatici. Dall’altra parte, la Corte costituzionale sollecita, ma non può imporre. E la politica, come spesso accade, tentenna.
Intanto, migliaia di lavoratori pubblici attendono mesi (e talvolta anni) per ricevere ciò che è loro dovuto, con buona pace della “giusta retribuzione”.